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Carlo A. Pelanda
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1997-7-9

9/7/1997

I lavoratori devono prendere coscienza di classe ed abbattere i sindacati che li sfruttano

Per assumere bisogna poter licenziare. Sembra un paradosso. Invece la realtà è proprio così. Nei Paesi dove esiste questa flessibilità si nota un basso tasso di disoccupazione corrispondente ad un alto livello di crescita economica. E' un mistero? No. Se l'imprenditore sa di poter ridurre i costi della sua azienda in caso di necessità, anche licenziando la manodopera eccedente, allora investe il proprio denaro in nuova attività ed occupazione. Questa regola è di carattere generale: il capitale va dove può uscire velocemente nel caso le cose vadano male. Se la porta d'uscita é chiusa, il capitale non bussa a quella d'entrata. Infatti, se l'imprenditore vede che una volta caricatosi di costi fissi non é più in grado di ridurli se serve - per esempio non può licenziare perché un giudice lo costringe a riassumere- allora sarà meno propenso ad investire ed a creare occupazione. In Italia esiste proprio una situazione del genere, tra l'altro esasperata per estremismo protezionista, e nessuno investe più, i disoccupati (o i lavoratori in nero) aumentano. Chi è già assunto è, apparentemente, superprotetto. Chi è in cerca di lavoro non lo trova. Il fenomeno é sotto gli occhi di tutti. Il problema é chiaro come la luce del sole, perfino ovvio. La soluzione anche: dare ampia possibilità di licenziare per incentivare gli imprenditori ad investire il capitale e creare così nuovi posti di lavoro.

Visto che problema e soluzione sono così chiari, perché mai i sindacati rifiutano la flessibilità del mercato del lavoro? Non hanno capito il punto, forse? Difficile crederlo. Le banalità che vi sto scrivendo sono note a tutti, soprattutto confermate dai fatti, dovunque nel mondo. Impossibile che i sindacati non le sappiano. Il punto, quindi, é un altro. Se la legislazione del lavoro permettesse il licenziamento alla fine di un contratto a termine tra datore di lavoro e dipendente, allora i sindacati attuali non contererebbero più nulla. Se un imprenditore può licenziare, perché mai dovrebbe chiedere ai sindacati il permesso? Oggi deve chiederlo perché la legge é talmente protezionista e rigida che solo l'accordo con i sindacati può farne utilizzare i pochissimi spazi di flessibilità. E per avere il permesso di licenziare deve dare si sindacati un obolo. Infatti in Italia si può licenziare. Ma nel sistema attuale lo si può fare solo concordandolo con i sindacati, ad un costo altissimo che equivale al non poter licenziare. Ma i sindacati non vogliono rinunciare a questo potere senza il quale sparirebbero, per lo meno nella loro forma attuale. Sintesi, la difesa da parte dei sindacati di questo sistema non é a favore del lavoratore, ma dei sindacati stessi. Anzi, questi vanno all'attacco, che é la miglior difesa. La Confindustria -miracolo- chiede finalmente sul serio più flessibilità nel mercato del lavoro. I sindacati rispondono non solo negando anche la possibilità di parlarne, ma perfino proponendo di estendere il sistema della "cassa integrazione" al livello della piccola impresa (dove la legge permette di licenziare più facilmente). Il che é una follia rossa, perché significa irrigidire anche l'ultimo polmone economico che permette all'economia italiana di respirare.

Come ne usciamo? Forse il pensiero liberista, ed il buon senso economico in generale, ha finora sbagliato i modi per comunicare la questione. Ha infatti sempre cercato di trattarla mostrando la realtà della correlazione tra rigidità del lavoro e disoccupazione-depressione economica. Ma questo linguaggio razionale e realista é sempre rimasto sconfitto dall'evocazione emotiva dei valori di solidarietà: cattivi quelli che licenziano. Bene, andrebbe allora mostrato che la tutela del lavoro offerta dai sindacati e dalla legge italiana é non solo una bufala, ma una vera e propria presa in giro per i lavoratori stessi. Quattro fatti. Primo, la garanzia del posto di lavoro la da solo il successo sul mercato. Non c'é garanzia legale o sindacale che tenga quando l'azienda chiude. Secondo, i sindacati negoziano il mantenimento dei posti di lavoro permettendo in cambio salari da fame. Terzo, il protezionismo sindacale impedisce nuovi investimenti. Un effetto é quello che il mantenimento blindato del posto di chi lavora già impedisce a chi non ce l'ha di trovarlo. Un altro é che l'economia si deprime forzando le imprese a chiudersi, ridursi o delocalizzare, cioé a distruggere lavoro. Questa é la tutela dell'occupazione e dei deboli offerta dai sindacati. Non é solo un disastro tecnico, ma una catastrofe etica.

I sindacati, e gli statosocialisti in generale, vanno sfidati sul piano morale. Il pensiero liberista e le sue soluzioni di liberalizzazione e flessibilità offrono la solidarietà non con parole fumose, ma come fatti che garantiscono maggiori opportunità per tutti. L'etica vera é quella di far corrispondere le parole ai fatti, la verità. E' ora di liberare coloro che si rivolgono ai sindacati per tutela e tutti i lavoratori dalle bugie dei sindacati. Ancora più ignobili perché illudono la povera gente, sfruttano i deboli. Insomma, quando i lavoratori e i disoccupati prenderanno finalmente coscienza di classe, dando un bel calcio nel sedere all'aristocratico Cofferati e suoi complici dell'"Ancienne regime"? Aiutiamoli.

(c) 1997 Carlo Pelanda
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