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Carlo A. Pelanda
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Il%20Foglio

2009-6-24

24/6/2009

E’ tempo di nuovo realismo economico

La ripresa del mercato globale ci sarà, ma lenta. Quanto? Bisogna aspettare la riparazione della locomotiva americana che, combinata con quella secondaria cinese, è il motore della domanda globale. I consumatori statunitensi ci metteranno 4 o 5 anni per ricostruire le capacità di spesa. Comunque l’America non tirerà mai più l’export altrui come prima. Ciò costringerà le nazioni con modello economico dipendente dalle esportazioni ad aumentare la crescita interna per bilanciare il calo delle prime, in particolare Cina, Giappone, Germania ed Italia. Cambiare modello sarà un problema per tutti, ma gravissimo per l’Italia. Infatti dovremo cambiare le basi del pensiero politico nazionale per riuscirci.      

Per fare più crescita interna bisogna trasferire, semplificando, più denaro dal ciclo dello Stato a quello del mercato. In particolare, tagliare tasse sia nella busta paga dei lavoratori dipendenti per aumentarne la capacità di consumo sia alle imprese per incentivare nuovi investimenti. Ma il ricorso al deficit stimolativo per detassare è impedito dal debito che sta crescendo. La Francia, con minor debito, tenterà la mossa del megaprestito nazionale per gonfiare la crescita interna senza dover cambiare modello statalista. Noi non potremo. Ieri la Commissione europea ha avvertito che il debito italiano potrebbe avere problemi di rifinanziamento perché il mercato è diventato più sensibile ai rischi di insolvenza. Noi dovremo tagliare spesa strutturale. Riforma delle pensioni? Da un lato, il sistema previdenziale italiano pesa per ben il 30% sul bilancio pubblico contro il 16% medio degli europei comparabili (dato Ocse di ieri) ed è misura abnorme. Dall’altro, una riforma delle pensioni – possibile senza danneggiare alcuno - per ridurne i costi prospettici richiede il massimo consenso per evitare una guerra civile ispirata da incomprensioni o ideologia astratta. Così come lo richiede, per pressione, la riforma di tutto il sistema pubblico nazionale e locale difeso da interessi corporativi. Il governo sta per varare un buon programma anticrisi, ma solo di “galleggiamento” perché misure più incisive di cambiamento porterebbero dissensi. Un po’ di detassazione delle imprese, un po’ di cassa via condoni, limature qua, piccoli sostegni là, nell’ambito di un lodevole semirigore di bilancio. Fa, cioè “il possibile”. Ma questo “possibile” determinato dalla priorità di evitare dissensi e non da quanto necessario in realtà, alla fine, non sarà sufficiente nello scenario globale detto sopra. Dovremo fare l’impossibile per salvare l’economia italiana. Cioè abbassare l’asticella del possibile per rendere fattibile il salto verso la ricchezza. Come? Se continuano a prevalere l’idealismo economico o il corporativismo, ogni soluzione troverà conflitti destabilizzanti. Se emergerà un nuovo paradigma politico ispirato al realismo economico combinato con il primato dell’interesse comune nazionale, allora l’Italia è ancora sufficientemente forte per cambiare e volare.

(c) 2009 Carlo Pelanda
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