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Carlo A. Pelanda
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Il%20Foglio

2008-10-16

16/10/2008

Aiutiamo chi produce
(Servono misure antirecessive straordinarie)

Mondo, Europa, Italia. La crescita nel primo sta crollando perché dipende dalle esportazioni in America e questa è in recessione da luglio. Ci resterà molto probabilmente nel quarto trimestre e in quello dopo. Giù il mondo, giù anche l’export europeo sia verso l’Asia sia verso l’America. L’Europa fa poca crescita interna per motivi strutturali e la compensa via export. Se questo cede il Pil scende. Francia e Italia sono in recessione, la Germania ci sta andando. Quanto potrebbe essere brutta per l’Italia?

La tendenza globale sarà invertita quando ripartirà la locomotiva americana. Nel migliore dei casi ciò potrebbe succedere a metà 2009, con effetti in Italia all’inizio del 2010. Nel peggiore due anni dopo. E’ probabile una ripresa americana entro il 2009, tuttavia non così robusta da sortire l’effetto traino della crescita globale come nel passato. Pertanto al rischio di recessione per più di un anno dobbiamo aggiungere quello di una ripresa insufficiente. Cosa andrebbe fatto per evitarli? Oltre a consolidare il sistema bancario e scongelare il credito, bisognerebbe bilanciare con più crescita interna la probabile contrazione di quella trainata dall’export. E l’unico modo per riuscirci è quello di tagliare le tasse per  imprese e famiglie, ridurre i costi di sistema, cioè trasferire una grande quantità di capitale dal ciclo improduttivo dello Stato e dei settori protetti di mercato a quello produttivo del mercato concorrenziale. E subito perché se troppo tardi non serve. C’è di più. Una tale azione può avere un effetto veloce nel nord industriale. Ma per il sud che lo è molto meno bisogna attuare un trasferimento di capitale pubblico in forma di investimento produttivo e non assistenziale. In sintesi, la difficoltà dell’azione non riguarda solo le quantità di riallocazione e riduzione della spesa pubblica e la velocità, ma anche la necessità di modificare profondamente la struttura del modello politico/economico italiano in corso d’opera. Da un lato, se non si attua questa politica il Pil italiano – che nel 2008 finirà attorno allo zero -   nel 2009 potrebbe scendere oltre il meno 0,5% stimato da Confindustria, con effetti gravi al nord e disastrosi al sud economicamente più fragile. Per inciso, e dovremmo chiarire questo punto nel dibattito nazionale, se le soluzioni restano al nord e non arrivano al sud tutta l’Italia ne soffre e non solo il sud stesso.  Dall’altro, il governo non può fare una cosa del genere in modi ordinari. L’Italia non ha più né la sovranità monetaria né quella del bilancio pubblico. Il secondo è vincolato dagli europarametri di stabilità e ciò blocca le detassazioni in deficit temporaneo. Inoltre il debito pubblico supera il 100% del Pil ponendo un problema di stabilità perfino all’euro se peggiorasse. Sul piano politico e sindacale non sembra ci siano le condizioni per operazioni straordinarie di liberalizzazione. Inoltre molto denaro pubblico utile per la detassazione è ora impegnato per la garanzia preventiva di solvibilità al sistema bancario. Non si può fare, quindi? Si potrebbe con politiche straordinarie: (a) recuperare soldi da un’operazione di vendita/valorizzazione del patrimonio pubblico per ridurre, oltre al volume assoluto del debito, la spesa annua per gli interessi e usare la cifra a servizio della detassazione ed investimenti al sud senza violare gli europarametri; (b) liberalizzare i settori di mercato dove i costi sono elevati per inefficienza; (c) convertire una gran parte di trasferimenti diretti alle imprese, circa 15 miliardi annui (fonte Mario Baldassarri), in detassazione generale per le stesse; (d) chiedere/imporre un fondo europeo di stabilizzazione per le nazioni in fase di stimolazione fiscale d’emergenza.  In conclusione, c’è la possibilità teorica di generare un pacchetto antirecessivo complessivo tra i 40 e 50 miliardi di euro in due anni.  Rinunciamo e ci impoveriamo perché la cosa è troppo difficile oppure tentiamo? Sono al servizio di chi vuole tentare.

(c) 2008 Carlo Pelanda
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