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Carlo A. Pelanda
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Il%20Foglio

2013-5-14

14/5/2013

Il progetto Stappa & Frizza faciliterebbe coesione politica e ripresa

Il Lambrusco messo in palio dal Foglio per i migliori suggerimenti al governo Letta eccita la rubrica. Il rubricante ne ha assaporato tempo fa varianti da estasi fisiologica quando, ospite di una megacooperativa rossa di Reggio nell’Emilia, è stato base per convergenze tecniche tra capitalismo finanziario e finanza solidale. Il Lambrusco, frizzando la materia rossa, rende incline un marxista all’inversione: il problema delle masse non è quello di sfuggire all’alienazione del capitalismo, ma di partecipare pienamente al capitalismo stesso. Liberisti d’accordo. Pertanto la prima raccomandazione è quella di immettere Lambrusco di alta qualità nel ciclo politico. Ma in Italia di statalisti ce ne sono tanti mentre i liberisti sono pochi. Il progetto di convergenza politica, pertanto, deve essere tentato tra statalisti di sinistra e di destra. Tale vincolo suggerisce di non forzare le soluzioni, pur più efficaci, di taglio sostanziale di spesa pubblica e tasse perché non raccoglierebbero consenso sufficiente in alto. In basso, troppi italiani, con l’eccezione del nordest, non sono preparati al ri-trasferimento delle responsabilità economiche dallo Stato all’individuo e ciò costringe a prevedere una continuità, pur con limature, di statalismo ed assistenzialismo. L’UE, poi, richiede la costanza anno per anno dell’equilibrio di bilancio e vieterebbe finanziamenti in deficit della detassazione. E se il taglio della spesa pubblica dovesse essere grande ed in poco tempo per vincoli di pareggio, allora ci sarebbe un rischio di impatto deflazionistico ulteriore sulla deflazione da recessione. In tali condizioni, oltre alle misure di galleggiamento già individuate dal governo, la convergenza politica per azioni forti di inversione della crisi nel prossimo biennio potrà realizzarsi solo in due aree: (a) operazioni (non deflazionistiche) patrimonio contro debito; (b) stimoli economici a livello di Eurozona. Per i secondi bisognerà aspettare l’esito delle elezioni tedesche di settembre, nel frattempo sostenendo l’ottima azione di Draghi per avviare sia un sistema di finanziamento non-standard per le piccole imprese soffocate dalla crisi del credito sia l’unione bancaria senza la quale l’Eurozona si dissolverebbe. La migliore soluzione (nazionale) possibile per portare almeno 400 miliardi di debito, su 2 trilioni complessivi, al di fuori del perimetro statale è quella di trasferire un valore equivalente di patrimonio disponibile (immobili, partecipazioni e concessioni) ad un “Fondo sovrano italiano” che lo valorizzi, finanziarizzi (obbligazioni e simili) e gradualmente venda. Il Fondo comprerà dallo Stato l’aliquota di patrimonio detto pagandola con quote del Fondo stesso. Poi lo Stato potrà offrire tali quote, o derivati basati su queste, in cambio di titoli del proprio debito o per molteplici azioni simili che alla fine ridurrebbero il debito italiano a circa 1,6 trilioni, vicino al 100% del Pil. Il mercato ne aumenterebbe il punteggio di affidabilità. L’Italia risparmierebbe dai 16 ai 20 miliardi annui di costi per il servizio del debito e di suo rifinanziamento, forse più. Inoltre, dopo tale mossa potrebbe rinegoziare il trattato Fiscal Compact sostituendo l’agenda di riduzione del debito con una più fattibile. Con questo recupero di risorse, pur senza riforme sostanziali di modello, l’Italia certamente potrebbe puntare ad una ripresa decente entro il consenso di destra e sinistra. Si tratta, in sostanza, di ampliare l’operazione patrimonio contro debito già avviata. Semplice, Stappa & Frizza.

(c) 2013 Carlo Pelanda
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