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Carlo A. Pelanda
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2010-2-16

16/2/2010

O si cambia modello o si abbattono i debiti o si svaluta l’euro

L’Eurozona è in una trappola fatta di tre muri che comprimono la creazione della ricchezza: (a) modelli politici che soffocano la crescita nelle principali economie dell’area, Francia, Germania ed Italia; (b) debiti nazionali crescenti prossimi ai livelli di insostenibilità; (c) cambio de-competitivo dell’euro. Se non si modifica almeno uno dei tre lati: (1) nel peggiore dei casi aumenterà il rischio di dissoluzione, totale o parziale, dell’euro con conseguenze di destabilizzazione; (2) nel migliore, la stagnazione resterà endemica producendo un progressivo impoverimento del sistema combinato con la riduzione progressiva delle garanzie agli anziani e degli investimenti per l’istruzione dei giovani. La seconda tendenza è evidente nei dati dai primi anni ’90. Per evitare questi scenari negativi sarà necessario rompere almeno uno dei lati del triangolo depressivo per mettere l’Eurozona in configurazione di crescita. Ma quale?

Molti, correttamente, invocano "riforme strutturali" che incrementino la produttività – che amplia il potenziale di crescita non inflazionistica – e gli investimenti/consumi nei mercati interni. Ma tale cambio di modello implica: tagli sostanziali di spesa ed apparati pubblici per dare spazio alla detassazione stimolativa, complicati dalla priorità di contenere i deficit di bilancio per mantenere solvibili i debiti; flessibilità nel mercato del lavoro; regole che assicurino più concorrenza; riduzione del protezionismo sociale. Non è realistico pensare che i sistemi politici correnti siano in grado di offrire o reggere un tale processo di riforma. In un ventennio, forse, sarà possibile grazie all’evidenza del fallimento del modello, ma a breve no. I debiti saranno contenuti da limature continue della spesa pubblica, forse "euroconsolidati", ma tale stabilizzazione non produrrà impulso alla crescita. Inoltre resteranno esposti al rischio di insolvenza per la continuità depressiva del modello. Resta solo l’opzione di svalutare l’euro per pompare le esportazioni globali e così compensare l’incapacità di crescita interna delle euronazioni. Anche se portatrice di grave rischio di inflazione, sembra l’unica azione efficace di breve/medio per aumentare la crescita, soprattutto degli esportatori Germania ed Italia e dei turistici Grecia e Spagna, così salvando baracca e burattini. Fattibile? Nel 2010 con prudenza data la priorità del rifinanziamento dei debiti nazionali in euro, poi tenere laschi i tassi e comprare dollari a valanga. E competere con la Cina per costo. Per riuscirci va cambiato, ora, lo statuto della Bce affinché si curi anche della crescita. 

(c) 2010 Carlo Pelanda
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