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Carlo A. Pelanda
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Il%20Foglio

2002-10-26

26/10/2002

Il generale Patto(n) in soccorso delle politiche nazionali impotenti
(Come riorganizzare il ciclo delle sovranità europee per riordinare quello del capitale)

 Se gli Stati dell’eurozona non attueranno le tre riforme chiave – pensioni, riduzione delle tasse e liberalizzazione del mercato del lavoro – non potranno mai rispettare l’obbligo al pareggio di bilancio. Perché i costi pubblici tenderanno ad aumentare e la crescita economica a stagnare. Ma la probabilità che i politici riescano a farlo entro cinque anni è minima per la resistenza da parte degli interessi protezionisti. Più precisamente, devono scegliere tra crisi dell’euro nel medio-lungo periodo e turbolenza sociale nel breve. Ovviamente preferiscono il primo male in quanto meno pressante. E non servirà qualsiasi azione correttiva della Bce. Per esempio, è tipico che in un conflitto tra autorità monetaria e politici la prima alzi i tassi e usi tale misura restrittiva per costringere i secondi a comportarsi bene. Ma la Bce non è ancora così solida da reggere un braccio di ferro e, se agisse come detto, diventerebbe un capro espiatorio, cosa che peggiorerebbe il peggio. Tale situazione ha fatto venire in mente a parecchi scenaristi un uso del Patto come strumento per esautorare la sovranità delle politiche nazionali incapaci di risolvere il problema. Cioè trasformare l’Unione Europea in una leva esterna per imporre le riforme: il generale Patto(n) che sfonda la linea Sigfrido. Per esempio, una norma paneuropea con forza di trattato vincolante sull’età pensionistica. L’idea è già parte della metodologia di europeizzazione, ma la novità sarebbe quella di renderla più incisiva: fornire al politico nazionale la possibilità di comunicare l’alternativa “o euro o riforme”. Non calmerebbe il dissenso, ma darebbe più legittimità e forza ai riformatori, il primo dirottato su Bruxelles vista come roccaforte più facilmente difendibile. Il rischio che salti l’Europa intera in questa ipotesi è notevole, ma senza cambiamento ci sarebbe una crisi peggiore. Inoltre, c’è un modo per tornare alla nazioni una parte della sovranità tolta. Come? Per esempio, un “Fondo europeo di compensazione” che finanzi quello che serve ai politici stessi per il consenso interno. Per esempio, accenderebbe un debito non contabilizzato nei bilanci degli Stati proprio perché paneuropeo, sarebbe un veicolo meglio strutturato per megacartolarizzazioni (servono a mobilizzare capitale congelato), ecc. In sintesi,  l’europroblema potrebbe essere risolto da una modifica del ciclo delle sovranità come leva per riordinare quello del capitale. Tolgo quella che i politici non sanno usare e gliela ritorno in parte come nuova cassa per comprare consenso, il tutto usando il Patto(n) come leva strategica. Eccitante, approfondiamo.      

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