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Carlo A. Pelanda
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Il%20Foglio

2001-12-22

22/12/2001

Nuovi metagiochi linguistici per dare una speranza di vittoria al giocatore umano contro il robot

Metagiochi semiseri. E’ emergenza intellettuale. Sembra ormai minima la speranza che un giocatore umano possa battere un computer a scacchi se questo è sufficientemente potente e ben programmato. Un’intelligenza artificiale, pur primitiva, riesce a saturare le opzioni sulla scacchiera rendendo impossibile produrre una sorpresa. Quindi lo scacchista umano ha come massima speranza teorica il pareggio. Estendiamo lo scenario: in qualsiasi gioco con regole determinate e senza inserimenti di casualità, dadi o estrazioni, sarà inutile giocare contro un computer. Anche in quelli inferenziali (Bridge) o con casualità parziale, ma entro confini (Risiko), c’è il sospetto che non vi sia più partita. Se il computer non ha in memoria quella specifica sorpresa può essere programmato per adattarvisi più velocemente. L’estensione di tale problema non è ancora percepita perché finora si è investito solo su automi scacchisti e non che giochino a Ramino o Tresette. Ma ciò permette già di ipotizzare un teorema generalizzante: nei giochi chiusi Antropos non può battere Ciber. Per i cultori, ho trovato che questo teorema può essere rappresentato a partire dal principio di varietà indispensabile di Ashby (1956). L’automa ha una varietà di opzioni costantemente superiore a quella dell’attore umano nei giochi chiusi (ad alta determinazione). Restano giocabili lotterie e scommesse ad aleatorietà incomprimibile, ma è insoddisfacente. E questa rubrica invoca la creazione di un “principio di controrobotica”: ci deve essere sempre un gioco con regole chiudenti dove l’attore umano, senza cibersupporti, può battere un’intelligenza artificiale. Quali giochi? Tutti sono invitati a trovarli, ma non sarà facile. Traccia: l’automa è imbattibile in qualsiasi campo matematizzabile. Quindi, ed è il metagioco principale, bisogna cercare i limiti di potenza della matematica perché lì troveremo una vulnerabilità di fondo del cibergiocatore. Kurt Goedel ci ha regalato negli anni ’20 un’ottima base al riguardo: il linguaggio della matematica non riesce a descrivere completamente se stesso. Possiamo utilizzare questo gap nell’ingegneria di nuovi giochi? Forse, perché indica che potrebbero essere quelli linguistici i campi con regole a noi favorevoli. Per esempio, estraiamo Alberobello. Il poeta? Catrullo. I telefoni? Trullano. I fiori? Trullipani. Il noto prof. Mirabella trovò 18 di queste varianti negoziate come legittime nella sfida che gli proposi tempo fa a margine di un seminario, due più di me. Un cibergiocatore ne troverebbe di più? Bella partita sia per i programmatori sia per gli umani.  Proviamo, inventate alternative. Buone vacanze.       

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