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Carlo A. Pelanda
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1999-10-5

5/10/1999

Nel mondo c'e' un nuova rivoluzione industriale. E noi?

Ci sono volute solo due ore per James Caldwell, studente di 16 anni, per aprire il suo negozio su Internet - ci informa il Wall Street Journal di lunedi' scorso - e cominciare a vendere in rete abbonamenti sportivi e gadget collegati (ringsider.com). Come ha fatto? Ha avuto l'idea e si e' rivolto ad una azienda di Atlanta - Nexchange - che gli ha organizzato tutto il resto. Dal sito web trasformato in negozio virtuale ai contratti commerciali con i fornitori, dal sistema di pagamento al servizio di recapito postale. E il ragazzo, oltre a studiare, gestisce con profitto nel tempo libero la sua piccola azienda. Quanto gli e' costato metterla in piedi? Niente perche' il servizio iniziale e di gestione ordinaria viene pagato con una percentuale sulle vendite. Emerge sempre piu' forte il brusio - si chiama "hum" - del capitale intellettuale che sfrutta ed espande le possibilita' delle nuove tecnologie creando una nuova economia.

Perche' nuova? Non e' per nulla nuovo il fatto che la tecnologia traini i processi economici facendoli procedere a balzi che poi rendiamo con le parole di rivoluzione industriale. Il vapore, l'elettrificazione, il telefono, l'automobile, la scoperta del codice genetico, il computer - dimenticavo, qui imperdonabile, la stampa nel XV secolo - sono stati eventi tecnologici e sociali che hanno piu' volte cambiato il mondo. Sarebbe anche esagerato dire che l'economia del passato richiedeva piu' braccia che cervelli e che quella nuova, invece, vuole piu' menti che braccia stesse. Ma rende l'idea. La tecnologia dell'informazione trasforma piu' direttamente il pensiero in azione, l'idea in sistema concreto, il sogno in realta. Gia' quindici anni fa i tempi di progettazione di un oggetto complesso sono stati ridotti al minimo dalla possibilita' di eseguirlo (e simularlo) con mezzi elettronici. Dai primi anni 90 un giapponese puo' andare nel negozio, della Toyota e di altre marchi, e disegnare col computer la configurazione dell'automobile che desidera. Un americano puo' farlo in maniera ancora piu' creativa e flessibile progettandosi da solo il computer che gli serve, entro un menu' di opzioni presentato in modo semplice ed amichevole, o da Dell o da Cysco Systems. Poi lo riceve per posta in pochi giorni al 50% del prezzo che avrebbe dovuto pagare se l'avesse acquistato in un negozio tradizionale. Per reggere tale domanda, l'azienda produttrice aumenta la sua flessibilita' ordinando in tutto il mondo le componenti dei computer (outsourcing) e gestendo tutto il traffico in tempo reale attraverso collegamenti in rete tra le diverse funzioni. Gli assemblaggi, l'adattamento della produzione alle richieste variabili, ecc., viene gestito da intelligenze artificiali che modificano continuamente la catena automatica di montaggio, ottimizzandone minuto per minuto le prestazioni. E tutto cio' comporta una riduzione del 30% medio dei costi di produzione se comparati ai modelli industriali di dieci anni fa. Ma la nuova economia non toglie posti di lavoro. Ne crea piu' di quanti ne distrugge perche' genera nuovi spazi per altrettanto nuove imprese. Centinaia di nuove aziende sono nate offrendo nuovi servizi commerciali in rete. Per esempio, nei prossimi due anni quasi la meta' degli acquisti commerciali negli Stati Uniti avverra' via Internet, il cliente a casa che ordina e paga direttamente via computer. Ma questo non ha ridotto il numero degli esercizi commerciali. Li sta trasformando in luoghi dove uno puo' toccare un campione della merce che poi ordinera' via Internet. O dove andra' a ritirarla se l'ha fatto dal suo salotto (tipo un'auto) nei casi dove sarebbe impossibile usare la posta ed i corrieri. Infatti dal 1993 al 1998, periodo in cui e' esplosa negli Stati Uniti la nuova Internet Economy, la disoccupazione e' calata ad un minimo storico (cioe' il 4%) perche' milioni di persone sono passate dai vecchi lavori a quelli nuovi nel mondo della nuova tecnologia. Ma il punto principale e' che a tutta questa gente e' richiesto di offrire, come non mai nella storia, la loro mente e non le braccia. Il mercato globale e' talmente pieno di concorrenza e nuove opportunita' che un'azienda competitiva deve usare di piu' le menti, la loro creativita', organizzati in team alla pari e non in strutture gerarchiche. La lotta per accaparrarsi un buon capitale umano e' perfino superiore a quella per cercare i migliori brevetti. "Hum", appunto, la centralita' capitale umano in una nuova economia in cui l'unico limite e' cio' che si riesce a sognare.

E in Italia? Per sapere dove siamo in relazione al nuovo mondo prendete un ragazzo di sedici anni e chiedetegli di fare come Caldwell. Poi ne riparliamo.

(c) 1999 Carlo Pelanda
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