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Carlo A. Pelanda
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1999-5-5

5/5/1999

La crisi economica ha cause solo politiche

E' recessione già da due mesi. Nel 1998 è stata, di fatto, stagnazione (il Pil é cresciuto di un misero 1,3%). Nel 1997 la crescita si limitò ad un 1,4% considerando che circa la metà di questo fu dovuta ad una misura di carattere "una tantum" quale la rottamazione delle automobili (il cui contributo é risultato di circa lo 0,7%). In sintesi, da quando la sinistra é andata al governo, nella primavera del 1996, l'Italia é entrata in una fase di regressione economica. Che ora sta perfino peggiorando. Questo dato é indiscutibile. Come é innegabile che l'Italia abbia avuto la più alta crescita di questo decennio tra l'estate del 1994 e quella del 1995, periodo influenzato dalle politiche - in particolare la defiscalizzazione attuata da Tremonti - del sabotato governo Berlusconi (Aprile-Dicembre 94).

Ma la sinistra non si arrende all'evidenza che la decadenza economica del paese sia di natura politica e di sua responsabilità diretta. Infatti, pur non riuscendo a smentire la realtà, cerca di imputarla ad altri o a fattori esterni. Ormai Ciampi e D'Alema si sono specializzati nell'insultare gli imprenditori. Il primo se la prende con loro perché non investono. Il secondo li accusa di non essere competivi. Proprio Visco li smentisce riconoscendo che in realtà i nostri imprenditori hanno aumentato gli investimenti all'estero, ma aggiunge l'umputazione che lo abbiano fatto solo per evadere il fisco. La verità é che le imprese, per stare sul mercato di fronte ad una concorrenza internazionale che gode di minori costi fiscali e del lavoro, sono assolutamente costrette ad operare sempre più all'estero per evitare la chiusura dell'azienda. Ma piuttosto che riconoscerla, cosa che implicherebbe un'immediata soluzione di centrodestra (meno tasse e più flessibilità), il governo, appunto, preferisce demonizzare chi crea ricchezza.

Persino buffe sono le giustificazioni tecniche date dalla sinistra per imputare a cause oggettive e non politiche il loro fallimento economico. Nella primavera del 1998 Prodi disse che la stagnazione italiana era dovuta alla crisi asiatica. In realtà questa non aveva ancora morso l'Europa (l'effetto cominciò nell'autunno). Prova ne é che, per esempio, la Francia stava marciando al ritmo di circa il 3% di crescita del Pil. La Germania poco meno. Ma la più grande bugia fu l'imputare ai costi dell'euro il cattivo risultato nazionale. La moneta unica richiede solo l'equilibrio del bilancio pubblico. Non impone il come. Ovviamente se uno non taglia la spesa assistenziale ed in più vuole il pareggio di bilancio é chiaro che spariscano i soldi pubblici per gli investimenti (strade, scuole, ecc) e che ciò peggiori l'economia reale. Ridicola, poi, la profezia prodiana. I bassi tassi dell'euro, riducendo il costo del denaro, stimoleranno gli investimenti produttivi. In realtà la decisione di un imprendotore non dipende solo dalla buone condizioni del credito, ma soprattutto dalla previsione di remunerazione. Con le tasse e costo del lavoro tra i più alti del mondo occidentale in Italia non é possibile non solo fare profitto, ma neanche un normale utile aziendale. Infatti é pericolosossimo portare ai minimi i tassi monetari senza nel contempo liberalizzare un'economia. Il risparmio, non più remunerato dal reddito fisso (Bot e simili) e neanche dagli investimenti produttivi o borsistici, semplicemente se ne va all'estero in quei luoghi dove la crescita economica non é ostacolata, ma favorita, dal modello politico. L'Italia, oltre che in recessione, ha avuto un salasso pauroso del proprio capitale di risparmio. Proprio nel momento in cui D'Alema stava pensando a scuse un po' più credibili (difficile) ha avuto la fortuna della guerra contro la Jugoslavia che ha distolto le attenzioni sullo stato dell'economia. Ma adesso che questa appare persino più bombardata di Belgrado e più profuga dei kosovari, sarà interessante vedere cosa dirà e farà il governo. Qualche giorno fa D'Alema ha solo riconosciuto che l'economia non va tanto bene, che però ciò va imputato alla guerra, ma tutti tranquilli perché nel secondo semestre la crescita ricomincerà. Le solite balle.

Il punto é che il paese deve liberarsi da questi incompetenti o, se competenti, irresponsabili. Proprio la natura politica e non tecnica della crisi economica fa vedere quale sia la soluzione. Basta cambiare governo sostituendolo con un uno che riduca le tasse, faccia una legge "Tremonti 2" e dia flessibilità al mercato del lavoro. Questa mezza riforma economica d'urgenza sarebbe sufficiente per far tornare in crescita l'Italia (da un 2,5% minimo ad un 4% massimo in base al ciclo economico mondiale). Poi, con la crescita in atto, sarà possibie passare senza brutalità a riforme più complicate e strutturali che modernizzino il paese in modo duraturo. Tecnicamente é fattibilissimo. Si tratta solo, semplicemente, di togliere di mezzo sinistra, sindacati e dintorni. La cattiva notizia é che c'é recessione. La buona é che basta tirar giù la sinistra per risolvere il problema.

(c) 1999 Carlo Pelanda
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