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Carlo A. Pelanda
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2011-1-11

11/1/2011

Rigore e crescita non possono essere contrapposti

Gli scenari economici mostrano la probabilità crescente di una forte ripresa in America ed in Europa, ed in Italia, ma anche rischi gravi sia di inflazione sia di insolvenza dei debiti sovrani. Tale situazione ha portato Tremonti ha dichiarare che la crisi non è finita; Trichet, presidente della Bce, a prendersela con i governi incapaci di rigore; Greenspan, ex-presidente della Riserva federale statunitense a lanciare un allarme sulla tendenza del debito americano ad andare fuori controllo; ecc. Ma ha anche alimentato un miriade di commenti ottimistici sostenuti da tanti segnali che indicano il rimettersi in moto dei settori più colpiti dalla recessione in ambedue i continenti, nell’ambito di una domanda globale che resterà elevata nonostante il raffreddamento  della crescita cinese nel primo semestre 2011. L’immagine di sintesi è che la ripresa sta in effetti accelerando, ma in un contesto di pericolosa megadistorsione nel ciclo del capitale. Cerchiamo di capirla meglio.

Per contrastare la recessione – che non è stata globale, ma solo europea ed americana -   governi e Banche centrali hanno inondato il sistema di liquidità, aumentando l’indebitamento, portando il costo del denaro quasi a zero e, perfino stampando, di fatto, soldi. Ma tale liquidità, semplificando, è arrivata solo in piccola parte all’economia reale per aumentarne la crescita. La gran parte è rimasta “chiusa” in un ciclo solo finanziario. Due i motivi principali, tra i tanti: (a) le banche, invece di aumentare il credito, hanno impiegato i soldi in operazioni finanziarie speculative allo scopo di coprire velocemente i loro buchi di bilancio; (b) gli attori economici non hanno avuto sufficiente fiducia per tornare ad investimenti produttivi ed aumentare i consumi. In sintesi, la grande quantità di denaro resa disponibile dal sistema di salvataggio è stata incanalata in una vasca e non nel sistema di irrigazione dell’economia reale. Il denaro nella vasca cerca remunerazione, per mancanza di fiducia su altri impieghi, in beni rifugio quali  l’oro e, soprattutto, le materie prime considerate bene sia rifugio sia speculativo. Per tale motivo carburanti, metalli, cibo, ecc., stanno aumentando di prezzo in modo non proporzionale alla domanda, spinti da megaflussi di capitale speculativo. In questo fenomeno c’è il rischio di inflazione, anzi già il suo avvio, in termini di rialzo abnorme dei prezzi energetici ed alimentari. Per ridurlo bisognerebbe iniziare a riassorbire la liquidità e dare al mercato una maggiore varietà di opportunità di investimento non-inflazionistico, cioè una forte ripresa dell’economia reale. Ma la ripresa non è ancora forte abbastanza è c’è, appunto, il rischio crescente che l’inflazione scoppi in una situazione di crescita debole. Complicato dal fatto che l’America sta aumentando il debito e svalutando il dollaro per forzare la ripresa e in Europa, con l’eccezione della Germania e del Regno Unito, gli Stati non riescono a ridurre deficit e debiti né a fare più crescita, esponendosi così al rischio di insolvenza. Soluzioni? La crescita sta accelerando ed il ritorno della fiducia risolverà parte dei problemi detti in modo “naturale”. Ma se gli Stati non applicheranno più rigore e le Banche centrali non cominceranno a riassorbire, gradualmente, liquidità non potremo evitare la bolla inflazionistica e conseguente nuova recessione con impatti catastrofici sui debiti. In tal senso i richiami di Trichet e Tremonti  sono sensati, ma dovrebbero  prevalere gli atti di politica economica che accelerino il ritorno della fiducia/ottimismo perché il rigore senza crescita è inapplicabile.  

(c) 2011 Carlo Pelanda
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