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Carlo A. Pelanda
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2008-4-8

8/4/2008

C’è troppo pessimismo economico ingiustificato

La scorsa settimana il Fondo monetario internazionale ha previsto crescita zero nel 2008 per l’Italia  e la Banca d’Italia è insorta contro tale scenario giudicandolo troppo pessimista. Ambedue le istituzioni hanno centri di ricerca di grande qualità. Chi ha ragione?

In generale, nel mondo dei think tank, centri universitari, guru dell’economia, uffici ricerche delle istituzioni e degli analisti di vario tipo si nota da mesi una inconsueta varietà di opinioni sulla crisi in atto ed in arrivo. Alcuni parlano di un crisi simile al 1929 che devastò il globo. Altri dicono che la crisi finanziaria è passata, ma avrà lo strascico di una recessione in America. Ci si divide sull’entità e sul quanto impatterà sull’Europa. La confusione è notevole. A questa va aggiunto il silenzio sulla materia che ci interessa di più al momento: quanta inflazione la Bce stima per l’eurozona nei prossimi 18 mesi e in base a questo quando abbasserà i tassi o meno? Lo scenario peggiore, infatti, è quello di stagnazione economica combinata con più inflazione e costo del denaro elevato, e dei mutui a tasso variabile, per contenerla. Ci siamo vicini o tale caso peggiore sarà evitato? Provo a dirvi la mia esattamente come la ho detta ai ricercatori che dirigo per orientare le loro analisi di scenario. Il punto è che sta cambiando la struttura che ha retto per decenni il mercato internazionale. L’America da importatore di merci di tutto il mondo sta diventando esportatore o comunque assorbirà di meno produzioni globali perché non regge più troppi consumi finanziati con debito privato. Il dollaro, per conseguenza del fenomeno detto e per la perdita di credibilità dovuta alla crisi finanziaria, è sempre di meno moneta di riferimento. Questi due fatti stanno creando situazioni nuove di cui nessuno ha esperienza e generano inquietudine. Il pessimismo, poi, prevale perché  tutte le economie del pianeta sono diventate più o meno ricche in una situazione dove l’America importava tanto ed il dollaro era il riferimento. Senza queste due condizioni c’è il timore di un crack colossale o comunque di una brutta crisi sistemica. In sintesi, molti scenari propendono verso il pessimismo perché gli analisti temono che stia cedendo il pilastro americano del mercato globale. Per questo ne prevedono la caduta e situazioni molto brutte per le economie più fragili, tra cui l’Italia. Ma non vedo un crollo di America e dollaro. Certamente il sistema americano si sta modificando perché non può reggere un eccesso di consumi, debiti privati e di importazioni, ma non sta implodendo. Il valore di cambio di dollaro si rialzerà non tanto per forza propria, ma perché tutti nel mondo hanno interesse che resti moneta di riferimento. Infatti la Bce dovrà ridurre i tassi entro il 2008 sia per contrastare la recessione sia per aiutare il rialzo del dollaro stesso e non uccidere gli esportatori. Ora tace perché vuole che i governi europei tengano posizioni disinflazionistiche, ma tra qualche mese lo farà. La crisi finanziaria è stata contenuta. In conclusione, tra un anno circa il sistema dovrebbe riorganizzarsi e ripartire in crescita. Per questi motivi vedo nei dati una crisi media e non certo la catastrofe. Resta comunque prioritario per l’Italia rafforzare l’efficienza economica, e politica, interna: il rischio vero è che non riusciremo a riagganciare la ripresa globale del 2009.  

(c) 2008 Carlo Pelanda
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