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Carlo A. Pelanda
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1998-3-31

31/3/1998

La questione europea è sempre più aperta

Prima consolidare l'Unione Europea e allargarla dopo oppure l'inverso? Questo dilemma (deepening or widening?) ha caratterizzato, nell' ultimo decennio, gli aspetti più politici, delicati e "caldi" del negoziato intraeuropeo. Una sorta di agenda parallela a quella dell'euro, altrettanto importante - forse di più- ma meno nota. E' ora di chiarirla.

La questione può essere così schematizzata. Se l'Unione viene strutturata in modo più approfondito, per esempio dandogli una costituzione e vere istituzioni paneuropee, allora sarà più difficile incorporare altri Stati in quanto per essi si tratterebbe di vera e propria annessione. In uno scenario di prevalenza del "deepening", l'Europa a 15 difficilmente potrebbe diventare a 26, obiettivo solennemente stabilito a Londra lunedì scorso. D'altra parte un allargamento dell'Unione senza un rafforzamento della sua struttura interna rischierebbe di spaccarla o comunque renderla ingovernabile per eccesso di disordine. Per anni si é discusso sul come trovare un punto di equilibrio tra questi due diversi requisiti. Nel negoziato, la Germania ha sempre espresso una preferenza per l'allargamento a scapito della strutturazione confederale. E alla fine ha prevalso. Questo spiega perché almeno per i prossimi dieci-quindici anni probabilmente non ci sarà una confederazione europea né istituzioni paneuropee veramente tali. Certamente vi sarà una "armonizzazione" crescente tra gli Stati membri. Ma questa, a parte la retorica integrativa, si limiterà a ciò che é strettamente necessario per far funzionare la moneta ed il mercato unici. Non é poco, ma non é la "nazione europea". Resterà un'Europa delle nazioni. Per capirci meglio, quando nei vertici ad Amsterdam e Dublino (1997) Francia ed Italia hanno posto il problema di un governo europeo utile a bilanciare ed integrare la Banca paneuropea che governerà l'euro, la Germania ha detto seccamente di no. Metà del rifiuto era dovuto ai timori di voler annacquare i criteri di stabilità euromonetaria. Ma l'altra metà si é basata sull'idea di mantenere politicamente destrutturato il sistema europeo proprio per poterlo allargare verso est.

Per inciso, sembra chiaro che all'Europa monetaria non corrisponde la formazione di quella politica. Molti, in Italia, stanno declamando che alla prima debba "per forza" seguire la seconda. Non é vero. Tecnicamente, un'unione monetaria può funzionare, anche se con maggiori rischi, senza una parallela integrazione politica. I tedeschi lo sanno bene e, infatti, il loro modello automatico del patto vincolante di stabilità imposto ad Amsterdam, come detto sopra, rispecchia perfettamente questo indirizzo. E il non fare l'Europa politica serve, appunto, ad ampliarla. Il che ci porta alla domanda di quale sarà l'assetto finale dell'Europa nel futuro?

Difficile ora rispondere. L'unica cosa certa nel presente é che l'allargamento europeo verrà deciso dalla prevalenza degli interessi nazionali tedeschi. Il primo di questi é evitare la competitività monetaria sia nel mercato unico a 15 paesi (motivo per cui l'Italia é entrata nell'euro pur non essendo pronta) che nell'area dei paesi emergenti ad oriente. Questo significa un'accelerazione dell'integrazione monetaria dell'Europa a 26 o più. Il secondo é quello di evitare i guai e costi del teatro mediterraneo, lasciando la "rogna" agli americani. Questo spiega il rifiuto assoluto di ogni possibile incorporazione futura della Turchia. Spiega anche la spaccatura della ex-Jugoslavia, fonte del conflitto balcanico, per tener dentro Slovenia e Croazia e lasciar fuori serbi, mussulmani ed altri balcanici. Il terzo é quello di assicurarsi fonti di energia senza dover più dipendere dagli Stati Uniti. Si tratta di petrolio in quanto il consenso politico interno tedesco non permette un'indipendenza energetica basata sul nucleare, almeno per il prossimo ventennio. E ciò spinge ad un accordo con la Russia, consolidato da un'alleanza che prefiguiri l'allargamento "europeo" in termini di sistema euro-asiatico, da Lisbona a Vladivostock. E di questo ha parlato Kohl, accompagnato da Chirac, con Yeltsin nel suo recente viaggio a Mosca.

Il primo e terzo interesse tedesco coincidono abbastanza con quello nazionale italiano. Il secondo assolutamente no. Ed é una questione che andrà affrontata con durezza. Ma l'altra che qui vi voglio porre é la seguente: dove si fermerà, e con quali confini, l'allargamento europeo guidato dall'interesse geopolitco e geoeconomico tedesco? Il punto é che solo quando sarà chiaro il limite dell'allargamento si potrà dare priorità al consolidamento interno dell'edifico europeo. Ma, a quel punto, avrà ancora senso? Come definiamo l'interesse italiano in questo scenario? A quale "Europa" stiamo cedendo la nostra sovranità nazionale?

(c) 1998 Carlo Pelanda
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