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Carlo A. Pelanda
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Libero

2014-9-7

7/9/2014

Come almeno restare a galla

Il governo Renzi, poiché statalista, non vorrà né potrà modificare sostanzialmente il modello economico inefficiente che sta affondando l’Italia. Quindi è realistico chiedersi, ed esplorare, quali fattori potranno almeno tenere a galla l’Italia nonostante l’inefficacia della politica. La crisi italiana, al netto di quella endemica indotta da un modello sbagliato, ha tre motivi specifici, originati nel 2011: (a) sfiducia del mercato internazionale sulla capacità dell’Italia di ripagare il debito e conseguenze destabilizzanti sul ciclo del capitale; (b) cambio decompetitivo dell’euro contro dollaro; (c) contrazione del credito. Il punto: se riparassimo queste tre falle sarebbe possibile tenere a galla la nave nonostante l’impossibilità di chiudere la falla più grossa, appunto, quella del modello? La gestione Draghi della Bce, dal 2012 in poi, ha ridotto il primo problema, garantendo di fatto, pur non potendolo fare nella forma, i debiti nazionali in euro. Semplificando, ora il mercato osserva più la Bce che non Roma per valutare il grado di affidabilità dell’Italia e lo ritiene sufficientemente elevato per portarvi capitali nonostante il sistema economico sia ancora recessivo e destinato ad una stagnazione endemica proprio per la mancanza di riforme dimagranti e liberalizzanti. Ciò implica che una falla grave è stata temporaneamente tamponata e che la nave imbarca meno acqua. La Bce sta pilotando l’euro al ribasso sul dollaro e ciò potrà favorire l’export, gli investimenti esteri a partire dal dollaro, nonché i flussi turistici dalle are non-euro. Ma a quale livello la svalutazione sortirà un effetto sensibile di stimolazione economica? La parità di potere d’acquisto tra dollaro ed euro è tra l’1,17 e l’1,18 dollari per un euro. Ora il cambio è vicino all’1,29, in discesa. Verso l’1,20 l’effetto si potrà sentire molto, tra l’altro per tutta l’Eurozona. Portererebbe troppa inflazione importata? Si perderebbe il vantaggio del cambio per l’acquisto di materie prime e componenti in dollari, fattore rilevante per economie di trasformazione come quella italiana? Un tale svantaggio potrebbe esserci, ma sarebbe immensamente inferiore al vantaggio, considerando la situazione d’emergenza non solo in Italia, ma anche nel resto, connesso con noi, dell’Eurozona. Andrà l’euro almeno fino all’1,20 sul dollaro? Ora la tendenza è questa e permette di scenarizzare che la parte dell’economia italiana più sensibile al cambio potrà pompare molta più acqua fuori dallo scafo inondato dalla falla del modello inefficiente. Basterà per il galleggiamento? No. Ci vorrà anche il ripristino del credito per le imprese, per almeno 50-60 miliardi in aggiunta a quello che c’è ora. Nella crisi del 2011 il credito si è ridotto di circa 100 miliardi. Nel 2014 è in atto un recupero notevole, ma manca la cifra detta. Il problema non è più la liquidità, grazie alle garanzie sistemiche della Bce ed ai programmi che stanno per mobilizzare un’enorme quantità di denaro a basso costo. Il problema è che molte imprese, pur sopravissute, non hanno più un merito di credito per accedere a finanziamenti sufficienti. Tale problema è risolvibile solo fornendo alle banche, che non possono violare i requisiti prudenziali nei prestiti, una garanzia statale che riduca di almeno il 50% il rischio degli istituti. Se tale garanzia fosse presente, allora combinando la rinormalizzazione sistemica grazie a Santa Bce, l’impulso competitivo della svalutazione ed il ripristino dell’accesso al credito per imprese in difficoltà, ma vive, l’Italia potrebbe crescere, scontando una certa stabilità globale, tra l’1 e l’1,5% nel 2015 nonostante un modello che la spinge verso la recessione a spirale: resterebbe stagnazione, ma almeno l’Italia potrebbe galleggiare. In particolare, la garanzia statale al credito perle piccole imprese sarebbe la misura più importante per interrompere la crescita della disoccupazione ed iniziare ad invertire tale mortifera tendenza. In sintesi, il governo dovrebbe solo: (1) aumentare la capacità del fondo statale di garanzia per l’accesso al credito delle piccole imprese; (2) aumentare il fondo di ripatrimonializzazione per imprese vive, ma con bilanci compromessi. Ambedue sono in studio, ma con capacità insufficienti e con agende troppo lunghe. Qui segnalo al governo cosa basterebbe per il galleggiamento, interesse di tutti. Per la vera ripresa è un’altra storia, ma inizierà dopo la fine di questa triste ed imbarazzante legislatura che obbliga a definire la minima sopravvivenza come caso realisticamente migliore.

(c) 2014 Carlo Pelanda
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