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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2001-11-5L' Arena,
Giornale di Vicenza,
Brescia Oggi

2001-11-5

5/11/2001

Incertezza, ma governabile

Aggiorniamo lo scenario economico per punti essenziali. Nei prossimi dieci mesi è probabile si esaurisca la sequenza “caduta-rimbalzo”. Lo scenario, qui spesso commentato fin dagli inizi del 2001, prevedeva – prima dell’11 settembre - lo sfogo della recessione negli Usa entro ottobre-novembre e inquadrava l’avvio del rimbalzo entro il primo trimestre del 2002. Tra tendenze americane (economia pilota) ed europee c’è uno scarto tipico di circa quattro - sei mesi. Ciò portava il punto più basso del ciclo europeo verso marzo-aprile del prossimo anno, con una ripresa nell’estate. Di quanto è stata modificata questa “agenda del ciclo” dagli eventi terroristici e bellici? L’ipotesi che mi appare più probabile, al momento, è che la ripresa sia stata posposta di non più di un trimestre. Cosa che porta a scommettere sul ritorno del bel tempo, in America, entro la primavera e, in Europa, verso l’autunno. Approfondiamo questa ipotesi rassicurante che appare sorprendente in un momento di pessimismo.

Non è sorprendente per il mercato borsistico. I dati veramente brutti al riguardo dell’economia statunitense (aumento della disoccupazione al 5,4% proiettato al 6 nel quarto trimestre, la regressione del Pil del terzo trimestre di uno 0,4% proiettata verso il peggioramento in quello in corso, ecc.) vengono interpretati, appunto, come segno che si sta arrivando al pavimento dopo di cui ci sarà il rimbalzo. E, tipicamente, il mercato finanziario tende ad anticipare di circa tre o quattro mesi la tendenza. Va detto che tale ottimismo della Borsa americana è un po’ drogato da due leve anomale. La prima riguarda una “manina” politica che sostiene i corsi azionari per contrastare il rischio di sfiducia a seguito degli eventi bellici e dell’incertezza in relazione ad ulteriori attacchi terroristici. Il secondo è dovuto al fatto che c’è molta liquidità non impiegata – cioè soldi parcheggiati – in  nervosa attesa di generare i profitti attesi come la manna da centinaia di milioni di risparmiatori. Ciò porta i gestori del capitale a rischiare un po’ di più sul lato dell’ottimismo, ovvero a forzare “rally” rialzistici. E’ tutto l’anno che si nota tale fenomeno, cioè tentativi di creare ondate di rimbalzo che poi rientrano perché le condizioni sottostanti dell’economia reale non li sostengono. E probabilmente ne vedremo ancora un paio con lo stesso esito (quindi attenti). Ma dopo ne verrà una che “terrà” e inizierà un nuovo ciclo. Il punto: la realizzazione di tale scenario ottimistico dipenderà dal mantenimento della fiducia da parte del mercato sul fatto che il rimbalzo ci sarà, irrilevanti altre notizie economiche negative a breve, già scontate, e non sarà troppo ritardato da ulteriori eventi negativi. Valutiamolo, chiedendoci cosa potrebbe deludere tale attesa.

Evidentemente un attentato nucleare o batteriologico con effetti devastanti di massa cambierebbe tutta la scena. Non lo si può escludere, ma nessuno sa come includerlo in un calcolo economico. Avrete notato, infatti, che il mercato non sconta questo caso peggiore. Ma non solo per questi aspetti di impossibilità computazionale che porterebbero ad un paradosso: un rischio che se definito comporterebbe il blocco di qualsiasi attività finanziaria, quindi da escludere per convenzione. C’è anche una fiducia prevalente, pur relativamente diffusa l’opinione contraria, che tale caso peggiore possa essere contrastato con successo dalle difese antiterrorismo occidentali. Fino a che non sarà smentita, il quadro terrà. Alcuni dubbi sulla conduzione della guerra ed i timori che si formi un’ondata islamica destabilizzante possono sortire il medesimo effetto di ritardo della ripresa. Ma dobbiamo realisticamente notare che non ci sono segni reali di sviluppi così gravi. In teoria, il Pakistan – potenza nucleare – potrebbe cadere in mani fondamentaliste. L’ambigua monarchia saudita potrebbe essere spazzata via e ciò aprirerebbe un conflitto per il dominio della Mecca, con riverberi  sul prezzo del petrolio. Nel teatro israeliano-palestinese può succedere di tutto. Ma, nella realtà, questi casi peggiori, pur non escludibili, sono talmente noti da rendere ovvia e prioritaria una strategia per il loro contenimento e controllo. Che, infatti, è in atto. Non perfetta, ma nemmeno così sciagurata da far temere che le cose scappino di mano. In sintesi, nonostante le comprensibili incertezze, la visione razionale consiglia di non allarmarsi oltre misura fino a prova contraria. Infatti il mercato non sconta il caso peggiore, al momento, per i motivi detti.  

Altre fonti di disordine possono destabilizzare, in teoria, il sistema finanziario mondiale. Ma proprio il clima di guerra comporta un “assistenzialismo strategico” finalizzato ad evitarli. L’Argentina, alle soglie – e oltre - dell’insolvenza, alla fine, verrà sostenuta anche se resterà endemicamente instabile. La Turchia lo è già e di più perché sarebbe sciocco lasciar cadere in crisi finanziaria un Paese chiave nell’operazione di bonifica dell’estremismo islamico. Può la situazione disperata del Giappone avvitarsi al punto da infettare tutto? Certo che lo può, da anni. Ma poiché non può crollare – sarebbe la catastrofe – è certo che la comunità internazionale farà di tutto per evitarlo. In conclusione, non è una situazione allegra, ma l’analisi razionale e non-emotiva porta a scommettere sulla governabilità del sistema pur scosso da turbolenze, quindi su un rimbalzo non remoto dopo la caduta ora in atto.  

(c) 2001 Carlo Pelanda
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