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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2002-7-27il Giornale

2002-7-27

27/7/2002

Operazione colomba audace

Signor Direttore, la prego di lasciarmi condividere con i lettori l’emozione della seguente scena. Martedì 23 scorso, Ciampino, dalla scaletta dell’aereo dell’Aeronautica militare italiana scendono il sindaco di Haifa, israeliano, e quello di Ramallah, palestinese. In mezzo, ad unirli, il viceministro per l’economia Mario Baldassarri. Dietro di loro un gruppo di medici sia israeliani sia palestinesi che assistono un gruppo di bambini (palestinesi) ammalati di talassemia e le loro famiglie. Portati dal nostro governo in Italia per curarli attraverso un trapianto di midollo osseo la cui tecnica è stata messa a punto dal prof. Lucarelli e da un equipe dell’ospedale di Pesaro. A riceverli ci sono Berlusconi e Fini. Uno dei padri palestinesi, di Betlemme,  si rivolge a me intimidito, in un inglese affaticato. Sì, gli dico, non tema di stringere la mano ai “capi dell’Italia”, la stringa forte e si senta benvenuto. Una dottoressa israeliana, dell’ospedale Ramban di Haifa, lo prende sottobraccio con un sorriso solare. Non fummo i soli ad avere egli occhi lucidi.

Come vede, direttore, non sono un bravo reporter e non so come rendere in parole sintetiche ed efficaci la storia di quattro giorni difficilissimi ed entusiasmanti di questa missione italiana in Terra santa. Mi permetta, quindi, di cominciare da due dati più vicini al mio mestiere di ricercatore. La talassemia è un male di origine genetica. Ne sono affetti correntemente circa 300mila bambini nel bacino del Mediterraneo. In occasione del G8 di Genova del 2001 il governo italiano ha preso l’impegno di salvarli ed estirpare il male. Che uccide un giovane verso i 14 anni, con costi sanitari enormi e disperazione totale per l’inevitabilità della morte. I medici italiani hanno messo a punto una cura innovativa, appunto il trapianto di midollo osseo, che si ritiene abbia una probabilità del 98% di successo ad un costo per bambino salvato di non più di 25mila euro (compresi i tre mesi di convalescenza). Già alcuni bimbi operati tempo fa a Pesaro da Lucarelli mostrano che questa speranza è confermata dalla realtà.  Il governo ha stanziato 50 miliardi di vecchie lire per realizzare il progetto, affidato per le sue fasi di impostazione pilota a Baldassarri. Questi denari  serviranno per creare, oltre che un potenziamento del servizio clinico in Italia, una scuola di formazione che trasferirà a tutti i centri medici del Mediterraneo la competenza per curare radicalmente e localmente la talassemia. Questo è il punto più delicato: le risorse stanziate saranno sufficienti per raggiungere l’obiettivo se in 5 anni verrà diffusa dal centro italiano tale capacità medica a centinaia di ospedali di tutto il bacino. Dove la delicatezza del caso sta nella velocità con cui verrà creata la rete organizzativa e quindi nel grado di cooperazione degli Stati e loro autorità locali. Che, in sintesi, significa convincere i Paesi islamici della costa sud che il progetto italiano vola sopra tutti i problemi geopolitici correnti e non deve essere ostacolato da questi. Qui la difficoltà. Secondo dato, proprio per questo il governo – secondo me con grande lucidità e coraggio – ha deciso di cominciare dalla situazione più difficile, la Palestina, per dare un messaggio determinatissimo.

Retroscena. Sull’aereo che ci portava a Tel Aviv Baldassarri era preoccupato. Aveva deciso (correttamente, con il senno di poi) che ci voleva la presenza fisica di un rappresentante del governo italiano per essere sicuri di estrarre i palestinesi da una zona di guerra e convincere ambedue i sindaci a venire. Per inciso, ero lì in veste di consigliere temporaneo proprio per aiutare a gestire una situazione politica complicata. Dovevamo prendere i bambini malati, donatori di midollo e famiglie, a Betlemme mentre vigeva un coprifuoco totale che impediva ogni passaggio e l’uscita di casa per i palestinesi. Gli israeliani sono stati molto cooperativi e hanno sospeso il coprifuoco – cosa che accade un paio di volte per settimana e per pochissimo tempo – per ben cinque ore e hanno dato tutti i permessi. Sfangata questa (anche grazie all’eccezionale abilità sia del nostro Consolato di Gerusalemme sia dell’Ambasciata italiana a Tel Aviv) restava una complicazione. Il governo italiano desiderava che nella delegazione ci fossero il sindaco di Haifa, dove risiede l’ospedale che farà da centro di diffusione regionale per la cura della talassemia, e uno palestinese in rappresentanza di quella comunità. Per simboleggiare l’idea di un progetto umanitario che dovrà trovare pilastro organizzativo nelle autorità locali. Due grossi problemi. I palestinesi  temono che Israele voglia “cantonalizzare” i loro territori, cioè disconoscere l’Autorità nazionale e riconoscere l’autonomia a livello di municipalità (riducendo l’Autorità stessa alla sola Gaza). E quindi percepivano con grande sospetto questa nostra enfasi sui sindaci. Secondo, l’idea di un sindaco palestinese che abbraccia uno israeliano (come poi successo) comportava per il primo un’alta probabilità di essere fatto fuori dagli estremisti islamici al ritorno, per tradimento, o comunque l’impossibilità di far accettare alla sua gente l’idea che se ne andasse a braccetto con il “nemico” ed all’estero in un momento in cui non si poteva nemmeno uscir di casa a causa della griglia di sicurezza imposta dagli israeliani. Questi, per altro, stremati dagli attentati terroristici e costretti ad agire così. Per due giorni non ci fu verso di sbloccare la cosa. Alla fine l’idea buona venne ai tre medici marchigiani della nostra delegazione. Ne faccio i nomi perché furono eroi: Lucarelli stesso, Gardi (direttore della Asl di Pesaro) e l’Ing. Alberini. Colombe audaci, volarono direttamente, senza permessi, da Arafat e gli chiesero senza mezzi termini di garantire il suo sindaco. Poi convinsero personalmente quello di Ramallah anche grazie ad una serie di rassicurazioni date da quello di Haifa. Il tutto in mezzo a carri armati, posti di blocco e tutte le difficoltà che potete immaginare in una zona di guerra. E grazie al loro coraggio ed iniziativa abbiamo imparato che esistono una società civile italiana, palestinese e israeliana che sanno cooperare e smuovere – letteralmente – le montagne quando ostacolano progetti di sacrosanta umanità.

Lasciatemi concludere così una storia che meriterebbe un libro intero. Sia gli israeliani sia i palestinesi ci hanno detto: non c’è nessuno che abbia tanto coraggio come voi italiani.    

(c) 2002 Carlo Pelanda
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