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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2001-4-23il Giornale

2001-4-23

23/4/2001

Quel difetto genetico dei governi dell’Ulivo

  Sto analizzando i comportamenti dei governi dell’Ulivo negli ultimi cinque anni per capire i diversi fattori che ne hanno determinato gli esiti fallimentari. La causa generale, come noto, dipende dall’impostazione genetica del programma: la presunzione di poter mantenere un modello di protezionismo sociale esteso e centralizzato nonostante la sua crescente insostenibilità. Ciò ha portato l’Ulivo nella trappola di tentare di ridistribuire una ricchezza esistente senza attivare i mezzi per crearne di più, generando così una crisi di competitività economica e l’impoverimento complessivo della nazione. Tale risultato era prevedibile già nel 1996 e, forse qualcuno di voi lo ricorda, nel maggio di quell’anno scrissi su queste pagine che proprio per questo non potevamo fare gli auguri di rito al nuovo governo Prodi. Infatti, purtroppo, la previsione si è avverata.. Eppure la sinistra italiana, emozionata dal fatto di trovarsi per la prima volta al governo diretto del Paese, pur avendolo gestito indirettamente dal 1963 in poi, ha sinceramente tentato di governare al proprio meglio. Quali altri fattori ne hanno peggiorato il difetto genetico? La montagna del debito ha certo pesato, ma molto meno di quanto l’Ulivo sostiene per scusarsi dell’insuccesso. Ha contato di più, invece, un errore di costruzione del governo: in molti ruoli che richiedevano tecnicità sono state messe persone “troppo politiche”; i ruoli dove era richiesta, invece, una forte capacità di leadership politica sono stati messi personaggi che non l’hanno saputa esercitare. Vediamo alcuni esempi per trarne una lezione utile nel futuro.

 L’errore più clamoroso e devastante l’ha compiuto Visco quando era ministro delle finanze. Ha ingegnerizzato una tassa, l’Irap, che premia la grande impresa e penalizza drammaticamente quella piccola (fino al punto di tassare l’indebitamento, punire l’assunzione di rischio imprenditoriale e di nuovo personale).  In un Paese dove l’economia è fatta prevalentemente da piccole imprese ciò appare un’assurdità. Infatti è stato un disastro non ancora sufficientemente riportato dalle cronache. Non credo che Visco avesse intenzioni così assassine, anche se vistosamente orientato  a favorire la grande impresa sindacalizzata. Ha semplicemente sbagliato e mi sembra di ricordare che l’abbia riconosciuto, pur a denti stretti. Ma il punto è che l’Ulivo non ha voluto o potuto trovare un tecnico capace di gestire la materia complicatissima della tassazione differenziale. E ciò ha peggiorato il peggio. Un altro ruolo governativo malricoperto è stato quello della sanità. Maria Rosaria Bindi è persona stimabile, ma dominata da un fuoco “cattocomunista” che rasenta il fondamentalismo.  Per questo ha attuato una politica sanitaria basata su intenti più ideologici che realistici. Anche in questo caso un’impostazione geneticamente sbagliata è stata peggiorata dal fatto di mettere un politico puro in un ruolo che richiedeva un “tecnico”. L’Ulivo ha poi cercato di attutire la catastrofe nominando Veronesi, ma lo ha fatto troppo tardi. Un rispettabile tecnico, Bassanini, ha tentato una seria riforma della burocrazia. Ma l’Ulivo lo ha preso in giro: per smuovere un sistema così incancrenito e sindacalizzato bisognava caricare persona e progetto riformatori di una forza (e priorità) politica generale che sfondasse le resistenze degli apparati. Non gliela hanno data, penso apposta, e la riforma è rimasta sulla carta. Questo è un errore di “difetto di leva politica” nell’organizzare una missione di governo. Che si ritrova in tanti altri casi. Il più rilevante, fallimento della Bicamerale a parte,  riguarda il modo con cui siamo entrati nell’euro. Ciampi impostò bene un negoziato dove eravamo messi male, superando solo per sua capacità personale l’opposizione della Bundesbank. Ma la coalizione non volle riformare il sistema interno per rendere sostenibili i nuovi vincoli euromonetari, in particolare non dando a Prodi i poteri straordinari necessari per svolgere tale missione. Così la nostra partecipazione all’euro fu finanziata con il rialzo delle tasse. Un salasso che ci fa ancora barcollare.  Ci sono tanti altri esempi, quello dei disastri fatti dai verdi al governo merita un capitolo a parte, ma il punto di fondo mi sembra dimostrato da tre fatti avvenuti sistematicamente nei governi dell’Ulivo: (a) troppa politica irrealistica dove ci voleva tecnica; (b) poco sostegno politico ai veri e capaci tecnici, per altro non molti; (c) figure tecniche non all’altezza.

 Questa analisi non serve a criticare ancora di più il malgoverno della sinistra, ma a ricavare dagli errori altrui una lezione in relazione alla costruzione dell’eventuale governo Berlusconi in caso di vittoria della coalizione di cui è leader. Lo scenario è promettente. Non avrà il difetto genetico di impostazione ideologica che ha fatto fallire l’Ulivo. Diversamente da Prodi, Berlusconi potrà godere di una leadership reale che gli permetterà di esercitare il sostegno politico necessario alle diverse missioni tecniche di riforma e di progetto. La Casa delle libertà appare molto più coesa e “politicamente intelligente” dell’Ulivo, passato e presente, e ciò dovrebbe minimizzare i conflitti interni. C’è perfino un surplus di tecnici competenti nelle materie più critiche di governo. Quindi la probabilità di incorrere negli errori detti sopra sembra molto minore. Resta solo un punto che conviene esplicitare già da ora. I partiti, ovviamente, dovranno avere al governo dei loro delegati che ne soddisfino il requisito di visibilità, fatto concreto che rende solida una coalizione. Buona parte degli errori dell’Ulivo si sono basati sul fatto che tale criterio è stato interpretato in modo molto partigiano e ha sbilanciato l’esecutivo sul lato della troppa “politica” a scapito della buona “tecnica”. Per evitare questo errore, tra l’altro in un esecutivo che dovrà impegnarsi in riforme e progetti complessi, i partiti dovrebbero non tanto ridurre la loro rappresentanza, ma cercare di tecnicizzarla il più possibile. Secondo me la miglior formula sarebbe: un minimo di politici puri che forniscono la leva generale, di consenso e di forza, ad un massimo di tecnici superspecializzati dedicati alle singole missioni.

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