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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2011-3-29Il Foglio

2011-3-29

29/3/2011

Per non fallire la novità araba va organizzata entro un sistema pan mediterraneo

Parecchi colleghi offrono scenari che prevedono come inarrestabile la rivolta delle masse arabe contro i regimi autoritari che le impoveriscono e reprimono. Da un lato, è vero che esistono in molte nazioni arabe parti di popolazione giovane e secolarizzata disposte alla rivolta aperta. Dall’altro, queste appaiono minoritarie, senza cultura sufficiente e leader per trasformare il ribellismo in progetto democratizzante e, soprattutto, sono facile preda di strumentalizzazioni sia da parte di servizi segreti sia di progetti autoritari da parte di nuove élite. In particolare, non è vero che sia inevitabile il trionfo della rivolta modernizzante contro l’oscurantismo autoritario. La rubrica sostiene la rivoluzione democratizzante nel Mediterraneo. La desidera anche in Cina, Iran, Birmania e tutta l’Africa cinesizzata e ha chiesto ai suoi ricercatori di studiare questi moti per poi tradurli in nuove strategie di mobilitazione. La novità storica c’è. Ma è forte il timore che venga sconfitta e per questo raccomanda di diffidare delle profezie superficiali e di disegnare un sistema nel Mediterraneo che, invece, la possa far vincere.

 In Libia i servizi segreti francesi hanno attivato il latente independentismo della Cirenaica, usando i giovani ribelli come massa di manovra per fini neocoloniali. In Egitto sono stati gli oligarchi ed i generali  scontenti della spartizione determinata dal clan Mubarak ad amplificare i moti popolari spontanei, per rovesciarlo e sostituirlo. La mossa, con il sostegno di Obama, è stata casualmente utile per stabilizzare il regime pro-occidente cambiandone la testa. Ma ora quei giovani sono sormontati dai meglio organizzati islamisti e compressi dalla stessa oligarchia che c’era prima. In sintesi, ogni caso di primavera araba mostra che la componente rivoluzionaria sincera è strumentalizzata o comunque insufficiente, destinata a favorire nuovi autoritarismi, colonialismi ed instabilità. Per evitarli ci vuole un sistema nel Mediterraneo che: (a) congeli la competizione per influenza tra potenze; (b) crei un mercato a progressiva integrazione che aumenti le opportunità economiche per tutte le nazioni rivierasche e dia lavoro ai giovani di quelle meridionali, nonché balcaniche e del Mar Nero; (c) crei regole condivise per una lenta, ma sicura, evoluzione dei regimi autoritari verso la semidemocrazia e poi la democrazia. Da un decennio la rubrica invoca una tale istituzione regionale: Ekumene. Roma è in buona posizione per ospitarne la conferenza panmediterranea di avvio, anche perché l’imbecillità imperialista di Sarkozy ha tolto alla Francia questa chance.    

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