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Carlo Pelanda: 2005-7-12Il Foglio

2005-7-12

12/7/2005

Londra è sintomo di minimo sforzo

Analisi fredda dell’attentato di Londra. Il dato rilevante è che il colpo, pur ben organizzato, sia stato di piccola intensità. Quattro operativi, probabilmente sostenuti da un team di 12 – 20 persone. Più o meno lo stesso modello di Madrid, senza innovazioni o elementi di escalation. Tale scala minima è dovuta all’efficacia del controterrorismo che impone agli attaccanti un bassissimo profilo e restrizioni dimensionali o è una scelta esplicita di non consumare troppe risorse? La domanda nasce dalla considerazione che, per avere efficacia destabilizzante, ci sarebbero volute almeno una quindicina di esplosioni e migliaia, non centinaia, di vittime. Con una sequenza sulle sedici ore per ottenere una compressione più duratura del mercato: le azioni scendono, poi si rialzano per l’evidenza che si tratta del “solito” attentato, ma ecco che arriva la botta grossa a sorpresa che innesca l’ondata di vendite. La sequenza multipla avrebbe messo in tilt la gestione della crisi e prodotto un effetto simbolico sfiduciante. Non difficile da organizzare: tra l’attivare quattro esplosioni e quindici non c’è poi una grande differenza, sessanta persone invece che venti. Poiché non è pensabile che Al Qaida non sappia queste cose, il punto è capire se non aveva un team più grosso o non abbia voluto attivarlo. La realtà più probabile è che non abbia voluto e che abbia proiettato solo il minimo sforzo. Sufficiente per cosa? Per mantenere eccitata la rete globalmente in costruzione e/o mostrare che se Al Zarqawi è capace di fare un bel colpo in Iraq, la centrale di Al Qaida sa fare di più.  Comunque il dato stridente è che le cellule spontanee che accendono contratto di franchising con Al Qaida sta crescendo, globalmente, mentre l’intensità e la frequenza degli attentati è minima. Ciò vuol dire che Al Qaida ha la priorità di strutturarsi mettendo a rischio solo il minimo necessario delle sue forze. Non si può escludere l’ipotesi che sia in difficoltà o che abbia solo pochi esperti da inviare alle cellule spontanee per istruirle e comandarle, ma è di probabilità minore. Pare più realistico scenarizzare che gli jihadisti abbiano la priorità di consolidare la loro struttura globale più che di portare attacchi decisivi, per questo riducendo al minimo l’impiego delle forze. Se vero, allora Al Qaida è vulnerabile nella fase di trasformazione della rete a maglie larghe in una più strutturata. Quindi è arrivato il momento di infiltrarla molto di più e meglio di quanto ora si faccia, per esempio costruendo false cellule terroristiche che operino come virus entro l’enorme network jihadista. Così, forse, salveremo Roma.

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