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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 1998-4-16Il Foglio

1998-4-16

16/4/1998

Pax Americana 2

C'é un mercato globale, ma manca un'architettura politica altrettanto globale che lo renda stabile e meno vulnerabile a crisi portatrici di effetto domino. In questa settimana il problema é stato affrontato a Washington sia in sede di vertice tecnico del G7 (precursore di quello politico di Birmingham a metà maggio) sia del G22, che mette sullo stesso tavolo i paesi più industrializzati e quelli emergenti di maggior scala. Ad un primo livello di analisi la sensazione é che la ricerca di un nuovo ordine mondiale (quello finanziario ovviamemente dipende da un forte accordo politico) si basi sul metodo della "multilateralità". Questo, schematicamente, significa produrre un consenso tra tutti gli attori nazionali e trasformarlo in tavolo comune con regole istituzionalizzate. Ma questa é solo una parte superficiale del processo in corso. Il vero motore che spinge e forma la costruzione dell'architettura planetaria del "dopo-dopo-Guerra fredda" e l'interesse degli Stati Uniti a restare il "potere unico" mondiale. E' quindi un motore "unilaterale" che rende, in realtà, del tutto strumentale all'interesse americano gli eventi di organizzazione multilaterale ed il loro significato di "stabilità".

Qual é la "nuova" strategia americana? Sembra basarsi su tre azioni principali di dominio geopolitico e geoconomico nonché su due azioni di superiorità tecnico-culturale: (a) rendere dominante l'interesse statunitense in ogni organismo multilaterale di carattere politico, economico e commerciale e di sicurezza. Significa che gli Stati Uniti devono essere presenti su ogni tavolo internazionale con potere condizionante; (b) instaurare con ogni paese rilevante un rapporto bilaterale privilegiato in modo tale che, indipendentemente dalle altre alleanze specifiche, quel paese comunque persegua una linea di azione compatibile con l'interesse americano e non faccia parte di blocchi (oltremodo) ostili; (c) dominare direttamente un blocco regionale di mercato che abbia una scala tale da bilanciare la formazione, e condizionare il comportamento, di altri blocchi geoeconomici, tipo quello europeo (centrato sulla Germania) ed asiatico (centrato sulla Cina); (d) mantenere la superiorità morale sia producendo simboli che rendano modello mondiale la cultura statunitense sia agendo come "honest broker" in modo tale da poter svolgere il ruolo di arbitro nei conflitti interni degli Stati o tra questi; (e) ampliare la superiorità tecnologica sia per i sistemi civili sia per quelli militari.

Può sembrare sorprendente che gli Stati Uniti si muovano in modo così deciso e strutturato. Infatti l'Amministrazione Clinton é stata criticata per essere molto debole e volatile sul piano della politica estera. Ma é solo un'impressione. In realtà gli esempi concreti mostrano proprio che sono in atto le azioni dette sopra (che tra l'altro sono solo un'espansione della tradizionale politica estera statunitense). Probabilmente non esiste un piano sistematizzato. Ma certamente é all'opera una "cultura del dominio" che vuole rinnovare il secolo americano e che unifica gli interessi della "burocrazia imperiale" formatasi nella Guerra fredda con quelli delle lobby industriali preoccupate di acquisire uno stabile vantaggio competitivo di livello planetario. Forse questa strategia é anche poco nota per due motivi. Il primo é che il Congresso a maggioranza repubblicana contiene forti tensioni neo-isolazioniste che contrastano con parte della strategia. Infatti Clinton fa fatica ad ottenere i poteri per gestire con meno vincoli parlamentari le questioni internazionali (la richiesta di "fast track"). Il secondo é che una esplicitazione troppo in chiaro della strategia comprometterebbe il punto (d) della stessa e renderebbe più difficili gli altri. Comunque gli esempi concreti parlano chiaro. Vediamone alcuni.

Il più vistoso, al riguardo del punto (c), é l'accelerazione per la formazione di un mercato unico panamericano (Mercosur più Nafta) che con i suoi 700milioni di consumatori compensi la scala del blocco cino-asiatico e superi di gran lunga quello europeo. Meno vistoso, ma nella stessa direzione, é il tentativo di tutorializzare l'Africa. Poco nota, ma impressionante - al riguardo del punto (e) - é la mole di investimenti per distanziare di parecchi "anni tecnologia" tutti gli altri competitori e per costruire sistemi di raggio mondiale a dominio statunitense (tipo telefoni satellitari, nuove iper-reti computer, ecc.). Il tipo di accordi bilaterali stilati con Cina, Taiwan, Germania (informale), Russia, Giappone, ecc. mostra che é in atto da anni l'azione detta al punto (b). E in questa luce appare più chiara l'azione indicata al punto (a). Il dominio degli organismi multilaterali é importantissimo in quanto essi creano regole vincolanti per tutti gli attori internazionali. Ottenere che queste regole siano tarate sull'interesse nazionale statunitense, pur tramite compromessi negoziali (per altro "levereggiati" con certa brutalità) é la chiave principale per attuare in modo economico e formalmente non intrusivo un controllo planetario. Quindi dobbiamo aspettarci una riforma del Fondo monetario che vincoli di più i paesi disordinati a regole di salute finanziaria rendendo così meno oneroso e più efficace l'impegno regolativo globale del dollaro. Il Wto sarà più caricato di forza capace di opporsi ai tentativi da parte dei blocchi regionali di alzare barriere commerciali negative per gli interessi americani. Riportare sotto controllo l'Onu sarà più difficile, ma l'azione in corso é pesantissima. Come lo é, sul piano bilaterale, quella di domare il Giappone, unico paese al mondo, in quanto massimo creditore netto del pianeta, che può mettere in difficoltà serissime l'economia americana. Ma sta riuscendo. Il Giappone ha capito, pur malvolentieri, che in un'area asiatica dominata dalla Cina dovrà per forza farsi tutorializzare dagli Stati Uniti.

A che scopo questa analisi? Troppi stanno pensando e scrivendo due cose inesatte: che la nuova architettura mondiale sarà veramente "multilaterale" e che l'Europa potrà aver capacità competitive, e forse sostitutive, nei confronti degli Stati Uniti. Per, almeno, i prossimi quindici anni ciò non potrà essere vero, per i motivi accennati. Ed é sulla base di questo scenario che bisogna fare i conti, definire i propri interessi.

(c) 1998 Carlo Pelanda
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